martedì 28 ottobre 2008

Fari: rifugi inghiottiti dal mare e dalla memoria

E' incredibile quale ascendente abbia su di me la visione di un faro. Quando ero piccola e andavo a trovare i miei zii in un paese affacciato sul mare, la prima cosa che facevo al mattino
era spalancare le persiane per vedere il faro in lontananza, ma proprio di fronte a me, abbacinante nel suo candore e solido nel suo passare indenne le mareggiate e le tempeste.
Lui era lì e mi dava sicurezza. E la sera, l'unica cosa che riuscisse a tranquillizzarmi era la sua luce, che girava tre volte, sostava per pochi secondi e ricominciava la sua danza. Allora, come adesso, sognavo di rifugiarmi dentro la sua pancia per tenere fuori le tristezze del mondo, le cattiverie degli uomini che non riuscivo a spiegarmi.
Oggi, mi accontenterei di visitarla soltanto, quella pancia,
per stringere il mare nell'incanto dei miei sogni ancora intatti.












4 commenti:

Anonimo ha detto...

Io ci sono stata in un faro, tanti, tanti anni fa. E' stato incredibile ma, dopo un'intera giornata passata a guardare il mare, ricordo che non vedevo l'ora di riprendere la barca e tornarmene a casa.
Mi piacciono le serate a casa con gli amici, il rumore della gente che ride, balla e si diverte. Insomma, sono una donna che non ama la solitudine.
p.s. Bel blog.

Erica Lee ha detto...

Cara Conchiglia, anche a me piace la gente che ride e si diverte, ma amo di gran lunga il silenzio e la contemplazione!
Beata te che hai visitato un faro!
Chissà se un giorno anch'io riuscirò a vederne uno e a starci per un po'!

p.s. Grazie per il complimento!

Fabioletterario ha detto...

Ma ti consiglio di ragionare anche sui caravanserai... :-)

Erica Lee ha detto...

Decisamente più suggestivi i fari, ma sono una di larghe vedute... :-)