martedì 26 agosto 2008

Giovanni Allevi: il Genio che ha traslato il Divino nella Musica

Sono ancora stordita dalla potenza devastante delle sue note.
Intravedo i suoi riccioli scuri dietro le quinte, nonostante il buio dell'arena, nonostante i suoi jeans neri, gli occhiali neri, la felpa, la t-shirt nera. La sua anima, no. E' luminosa, abbacinante quasi, come la bacchetta che muove fra le dita, trascinando l'orchestra in un uragano di note che spazza via ogni affanno, ogni nostro disincanto. La Suite "Angelo Ribelle" ci annienta con la potenza evocativa degli archi. Dei cinque movimenti che la compongono mi lascio catturare da "Keep moving", da "Whisper", da "A perfect day". Ma ad aleggiare in quell'arena non è solo la mia anima. Tutto il pubblico è entusiasta: ascolta in estatico silenzio l'esecuzione dei brani e, all'ultima nota, esplode in applausi, acclamazioni balzando in piedi. Lui, il Genio, sorride, trema, ringrazia, è stordito come noi. L'ansia che trapela dalle sue ginocchia un po' flesse e dalla flebile vocina sono un monito potente per le mie paure. Lui, il Genio, è lì. Nonostante lo smarrimento, nonostante la fatica. Lui è lì ad insegnarci che la fragilità può essere la nostra forza, deve essere la nostra forza.
Grazie Giovanni, per avermi regalato "squarci di senso e lampi di divino".