domenica 26 luglio 2009

Bastava così poco

Un paio di giorni fa ho ricevuto una telefonata. Non era una voce sconosciuta: era mia zia.
Di solito sono io a chiamarla per sapere come sta, ma non sempre, di tanto in tanto. Mi ha stupito sentirla e le ho chiesto se fosse successo qualcosa.
Sì, si era sentita male e aveva creduto di morire. E quella telefonata era per dirmi che le avrebbe fatto piacere vedermi ancora, insieme a mio marito e mio figlio, prima che fosse troppo tardi.
Gli impedimenti erano tanti, ma le ho detto che nel giro di uno-due giorni avrei trovato una soluzione (perché nel frattempo si era ripresa).

Arrivata al suo portone, mi sono trovata davanti un’arzilla donnina ultranovantenne che si stava preparando le polpette di pane come “secondo” (come “primo” aveva preparato il minestrone).
Sorrideva, rideva, scherzava e sembrava aver ritrovato la vigoria dei vecchi tempi. La zia che ho sempre conosciuto.
Poi ci ha detto: -Restate qui stanotte?
E noi: - No, gli impegni non ce lo permettono. Partiremo questa sera.
E lei: - Allora portatevi a casa anche queste birre, le ho comprate a Natale perché ne avevo tanto desiderio, ma poi non le ho più bevute.
- Perché?

- Beh… ho pensato che ero sola e che, bevendo un goccio, il resto sarebbe andato sprecato.
- Ma tu ce l’hi ancora quel desiderio di birra, non è vero? – le ho chiesto.
- Sì… più di prima. – mi ha risposto con gli occhi che le brillavano e la voce tremante.
Io e mio marito ci siamo guardati e io le ho detto: -Allora è arrivato il momento di togliercelo una volta per tutte.
Ed è così che, alle 3 del pomeriggio, due adulti emozionati e una vecchietta trepidante, hanno gustato una Peroni sentendosi in cima all’Everest.